In questa città io ho un popolo numeroso dice il Signore (At 18,10)
Carissimi,
Papa Francesco viene a Milano il 25 marzo 2017, solennità dell’Annunciazione della Beata Vergine Maria per il ministero che gli è stato affidato di confermare nella fede i suoi fratelli (Lc 22,32).
In questa terra, laboriosa fino alla frenesia e forse incerta fino allo smarrimento, generosa fino allo sperpero e forse intimorita fino alla spavento, sentiamo il bisogno e domandiamo la grazia di essere confermati in quella fede che gli Apostoli ci hanno trasmesso e che attraversa i secoli fino a noi.
Ci incamminiamo verso l’evento della visita papale con il desiderio che non si riduca ad esperienza di una emozione intensa e passeggera: sia piuttosto una grazia che conforti, confermi, orienti la nostra fede, nel nostro cammino verso la Pasqua, in preghiera con Maria e offra ragioni e segni per la speranza di tutti gli uomini e le donne della nostra terra.
Aspettiamo la vista di Papa Francesco quale compimento della “visita pastorale feriale” in atto nella nostra diocesi, che si propone di intuire il passo che il Signore ci chiede per continuare a irradiare la gioia del Vangelo: sarà pertanto utile riprendere Evangelii Gaudium e la Lettera Pastorale Educarsi al pensiero di Cristo, perché sia maggiormente conosciuta e approfondita e perché diventi realmente “anima” della vita delle comunità, attraverso proposte di preghiera, per esempio in momenti di prolungata adorazione, iniziative di formazione, per esempio in occasione di catechesi per adulti e della predicazione speciale nei quaresimali. Siamo in cammino per custodire e far risplendere i tratti di una Chiesa umile, disinteressata e beata, come Papa Francesco stesso ha raccomandato alla Chiesa Italiana, nel Convegno ecclesiale di Firenze.
Ci prepariamo a ringraziare il Papa per il dono del Giubileo straordinario della Misericordia annunciato in Misericordiae vultus. Avremo cura che l’abbondante effusione di grazie, sperimentata da molti, continui a portare frutto nel vivere il sacramento della riconciliazione nelle nostre chiese e nelle chiese penitenziali (in coerenza con quanto ci chiede il Papa nella lettera apostolica Misericordia et misera, in cui sono richiamati anche altri aspetti importanti del cammino successivo al Giubileo). A questo proposito sarà opportuno che in ogni chiesa siano decisi e pubblicati orari di presenza assicurata del confessore e potrà essere fruttuoso che il sacramento della confessione sia celebrato anche in forma comunitaria, come ha sperimentato il clero in Duomo, in occasione della festa di san Carlo. A nessuno manchi mai l’offerta della misericordia del Padre che rigenera la vita e nutre la speranza.
Dobbiamo insistere sulla conversione missionaria delle nostre comunità e la responsabilità della testimonianza di cui deve farsi carico ogni battezzato. “Ho un popolo numeroso in questa città” rivela il Signore all’apostolo scoraggiato (cfr At 18,10). I passi che le comunità decidono durante la visita pastorale devono orientare il cammino di tutti verso il campo che è il mondo, con le opere di misericordia e le parole che ne rivelano l’origine e il senso. L’Arcivescovo porterà il Santo Chiodo per le strade della diocesi durante le Via crucis di Quaresima per accompagnarsi alle comunità in cammino nel segno della Pasqua, con l’annuncio dell’amore fino alla fine che conforma ai sentimenti e alla mentalità di Cristo, al punto da rendere possibile essere misericordiosi come è misericordioso il Padre. Nessuno deve lasciarsi rubare la gioia dell’evangelizzazione (EG 83), che diventa conversazione quotidiana, educazione alla fede nelle famiglie, pratica ordinaria negli affetti, nel lavoro, nella festa. Un “popolo numeroso” ha bisogno del Vangelo e questa nostra città lo invoca con segni e linguaggi molteplici.
Il programma della visita di Papa Francesco è stato pubblicato: l’intensità di quella giornata rivela l’affetto del Papa e il suo desiderio di raggiungere tutti e noi tutti vogliamo prepararci a ricambiare l’affetto e a farci raggiungere dalla sua parola. Vogliamo tutti essere presenti, non pretendendo il privilegio di essere i primi, i vicini, i preferiti, ma desiderando la grazia di essere benedetti dentro il popolo numeroso che questa città esprimerà in quell’occasione.
Dopo la pausa estiva, riprendono i lavori del Consiglio Pastorale Diocesano, convocato per le giornate di sabato e domenica 26-27 novembre 2016. Il tema è “La pluriformità nell’unità nella pastorale dell’Arcidiocesi ambrosiana”. Un tema che ha tanti motivi di interesse, ne ricordo tre: è un tema evidenziato da subito dal nostro Arcivescovo nel suo magistero ambrosiano teso a far dialogare i diversi soggetti suscitati dallo Spirito; è un tema che è stato recentemente rilanciato dal documento della Congregazione per la Dot-trina della fede Iuvenescit Ecclesia che focalizza la relazione tra doni gerarchici e doni carismatici (LG 4), è un tema presente anche in Evangelii Gaudium laddove il Papa descrive il volto della Chiesa come un poliedro: la Chiesa non è simile a una sfera di punti equidistanti, ma, come un poliedro, è caratterizzata da tante sfaccettature che dicono diversi modi di esprimere la fede, di testimoniarla nei diversi contesti culturali sociali nelle diverse epoche.
Gli stessi soggetti presenti nel nostro Coordinamento diocesano associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali sono stati suscitati dallo Spirito e riconosciuti dalla Chiesa in tempi molto diversi: dall’Ordine francescano secolare del XIV secolo ad Alleanza Cattolica del 2012: epoche, sensibilità, destinatari diversi, ma chiamati alla stessa fede e ad esprimere l’unità nella pluriformità.
Il tema in oggetto del Consiglio è dunque molto interessante per una riflessione sul volto di Chiesa e soprattutto di una Chiesa che si sente inviata continuamente ai confini della terra, in missione, e per questo tesa a investire in questo compito tutti i doni gerarchici e carismatici di cui lo Spirito l’ha arricchita. Nel confronto di questa due giorni sarà molto stimolante ascoltarsi, riconoscersi dentro la ricchezza della Chiesa di oggi, sentirsi insieme per essere a servizio dell’annuncio e per assecondare il movimento “in uscita” verso tutti.
Chiesa poliedrica e non “per se stessa”, ma in uscita…. Due sollecitazioni che ci possono ben preparare anche alla visita pastorale di Papa Francesco.
Entriamo nell’Avvento. La successione dei tempi liturgici si rivela provvidenziale in questo momento storico: di fronte alle tante paure che generano emozioni e violenza in ognuno di noi – l’elenco delle fonti di questa paura e violenza si fa ormai lungo: dai profughi al terremoto; dalla guerra in Siria e in Iraq alla crudezza della campagna elettorale americana; dalla fragilità della nostra identità europea alle conseguenze di una crisi economica che sta rimodellando in perdita i nostri ritmi di vita – l’Avvento cristiano si rivela come un dono inaspettato da custodire gelosamente, per la sua capacità di indicarci lo stile corretto per abitare questo cambiamento d’epoca, come ci ricorda Papa Francesco.
Accogliere e generare amore. L’Avvento ci racconta e ci ricorda proprio queste due azioni, questi due atteggiamenti. Sono gli atteggiamenti di Dio, innamorato perso di noi, dell’umanità; sono gli atteggiamenti di Maria, colei che con la sua fede ha consentito che il Figlio di Dio abitasse la nostra storia e ci rivelasse il volto di Dio come suo e nostro Padre.
Accogliere e generare amore. Sono questi gli atteggiamenti migliori grazie ai quali affrontare il futuro che ci attende. Abbiamo bisogno che l’Avvento diventi lo stile dei cristiani, e poi di tutti gli uomini, per esorcizzare quella violenza che tutti temiamo ma che contribuiamo a gonfiare proprio con le nostre paure.
L’Avvento come pratica di vita chiede luoghi e azioni esemplari, che rendano evidenti e tangibili i frutti generati. Proprio una simile cornice consente di comprendere il significato profondo del sostegno che la Diocesi intende dare durante tutto il prossimo periodo di Avvento alla campagna in favore dell’affido familiare promossa da Caritas Ambrosiana. Non è più utopistico garantire attraverso questo strumento il diritto a una famiglia ad ogni bambino che viene allontanato da quella di origine.
L’affido è un modo concreto di fare delle nostre vite un Avvento incarnato. Anche a Milano sempre più famiglie scelgono di aprire le porte di casa per un periodo di tempo ai figli degli altri. Queste famiglie ci dimostrano che l’Avvento non soltanto è uno stile di vita possibile, ma è anche uno stile di vita capace di cambiare la storia, salvando gli uomini dai tanti inferni artificiali che loro stessi hanno saputo creare.
Abbiamo bisogno dell’Avvento. Il mio augurio è che il tempo di Avvento che sta per cominciare ci aiuti a moltiplicare i luoghi e le pratiche di Avvento dentro le nostre vite, dentro le vite delle nostre famiglie.
Ci sono quelli che iniziano dicendo: “Non so che cosa dire”. Ci sono quelli che obiettano: “Non capisco perché dovrei dire al prete i miei peccati”. Ci sono quelli che parlano a lungo, di tutto, amarezze, dolori, ingiustizie: parlano di tutto, eccetto che dei loro peccati. Insomma sembra che il sacramento sia tutto lì, nelle parole di chi si confessa.
Forse anche per questo per alcuni la confessione è una fatica, un imbarazzo, e molti non si confessano.
Ma il sacramento della confessione si chiama anche sacramento della riconciliazione, per dire che il sacramento non si riduce all’opera dell’uomo che si dichiara peccatore elencando i suoi peccati: è piuttosto l’opera del Padre misericordioso che accoglie, perdona, fa festa per il figlio che torna scoraggiato e ferito per la sua vita sbagliata.
Ecco: una festa!
La festa non si può celebrare in solitudine, di nascosto. Ci deve essere gente, ci deve essere gioia e musica, affetti e cose buone. La festa della riconciliazione dei peccatori pentiti è evento di Chiesa. Così si celebra il perdono di Dio: insieme!
Insieme si riconosce che i propri peccati sono un danno anche per gli altri.
Insieme si sperimenta che perdono sperimentando che c’è una comunità che condivide la tristezza del peccato e la gioia della riconciliazione.
Insieme si riprende il cammino verso la santità non come l’impresa solitaria, ma come grazia sostenuta da tutto il popolo santo di Dio.
I preti sono, anche loro, peccatori in cammino verso la santità. Perciò sono confessori, ma anche penitenti. Si confessano e sperimentano la gioia del perdono. Fanno festa, perché sperimentano la misericordia di Dio.
Per questo nella festa di san Carlo, il prossimo 4 novembre, i preti si trovano tutti in Duomo a Milano per celebrare insieme il sacramento della confessione e la festa della riconciliazione. Si può immaginare che la gioia e la forza di quel momento condiviso siano un buon motivo per ingegnarsi a salvare il sacramento della confessione dalla sua riduzione individualistica. Diventerà festa condivisa in ogni comunità che accoglie la misericordia di Dio.
I Dialoghi di vita buona ripartono, con l’intenzione di aiutare la Milano, che si vede sempre più nei panni della metropoli europea, a trovare occasioni per ragionare sulle questioni che decidono il nostro futuro. Non ha senso dividersi in modo pregiudiziale, senza aver ascoltato le ragioni dell’altro: solo da un confronto reale e profondo può nascere quella stima che fa da base ad ogni legame sociale.
Lo scorso anno ci eravamo cimentati con la tematica dei confini, affrontando la questione delle migrazioni e la sfida che rappresenta per l’Europa. In questo secondo anno i Dialoghi assumono come filo conduttore il tema della tecnica e l’influsso che ha nella vita umana. Da qui il titolo complessivo: Naturale/Artificiale.
L’esperienza diretta ci mostra come le invenzioni tecnologiche stanno trasformando la nostra vita. L’impressione che ne traiamo è che tra naturale e artificiale gli spazi di contiguità siano sempre più ridotti. Si respira un clima di contrapposizione e una voglia di supremazia: la natura deve essere superata.
Vogliamo il superuomo. Il mondo della ricerca ci insegna che i confini tra naturale e artificiale si vanno confondendo, facendo nascere la possibilità di un potere di manipolazione inimmaginabile. Nello scenario nuovo che si va delineando, dominato dalla tecnica e dalle scoperte scientifiche, come ritrovare lo spazio dei valori fondanti la nostra vita?
Naturale/Artificiale. Il dominio assunto dal secondo termine permette all’essere umano di potenziare il suo desiderio. Più di un pensatore legge nello sviluppo della tecnologia il riflesso assunto dal nostro desiderio mai sopito di immortalità. Come leggere e comprendere i mutamenti che un simile modo di pensare genera sulla comprensione che l’uomo ha di sé? I Dialoghi sono un ottimo spazio per istruire il dibattito su mutamenti così grossi e al tempo stesso basilari per la costruzione della grammatica di comprensione della vita umana.
Naturale/Artificiale. Il mondo della cura, in tutte le sue dimensioni e in tutti i suoi significati (educativo, medico, istituzionale, religioso), è uno dei luoghi più coinvolti e toccati dalle trasformazioni in atto. Come rideclinare il concetto di potere, quale contenuto dargli, quali buone pratiche mostrare: anche questo è uno degli obiettivi dei Dialoghi.
Naturale/Artificiale. La tecnica si presenta oggi come un buon surrogato di ciò che era l’esperienza religiosa. Oggi ci si affida alla tecnica, convinti della sua onnipotenza. Le religioni non possono non sentirsi sollecitate. Per noi cristiani la sfida è lanciata: in questo mondo dominato dalla tecnologia occorre essere capaci di rendere ragione della nostra fede nel Dio di Gesù Cristo, testimoniando che l’amore è un “superparadigma” capace di battere il paradigma del superuomo: anche questo è sicuramente uno degli scopi dei Dialoghi di vita buona, che ci permette di comprendere l’utilità di un simile strumento per la costruzione di una Milano veramente metropoli d’Europa.